

La gestione di Fabio Quagliarella. Il modulo con cui schierare la squadra. Le paure per la possibile cessione di Mikkel Damsgaard. Il tecnico della Sampdoria Roberto D’Aversa affronta questi e molti altri temi nelle interviste rilasciate a Repubblica e Gazzetta dello Sport.
ASTICELLA – “Cosa ha detto Mancini prima di iniziare l’Europeo? Che la sua Italia partiva per vincerlo. Ha dato un grande messaggio ai giocatori e a tutto l’ambiente, a cui, naturalmente, poi si è aggiunto il suo lavoro straordinario. Ora io non voglio paragonarmi, ma eredito una formazione che ha conquistato 52 punti e magari ha qualche rimpianto, perchè pensava di poterne totalizzare di più: che senso avrebbe parlare di semplice salvezza? Come potrei? No, le cose vanno dette, con umiltà, ma senza paura. Il nostro compito è di fare meglio dell’anno scorso. Asticella alta, obiettivo difficile, ma con l’abnegazione e il sudore ci si può riuscire. La mia Sampdoria deve essere spavalda e ambiziosa. Consapevole della propria forza e pronta a giocarsela con tutti. Onorando la maglia che indossa che, non lo dico io, ma tutto il mondo, è la più bella che c’è”.
ROSA – “Ribadisco: ogni allenatore comunica un qualcosa allo spogliatoio. Spesso s’invita la squadra a non mollare, a maggior ragione io non posso correre il rischio che si senta appagata, abbassando le aspettative. Io credo che nella vita le cose vadano desiderate e volute. A me nessuno ha mai regalato nulla, bisogna andare al massimo, anzi, oltre. Come giocatore senza un grandissimo impegno non avrei combinato niente. E anche come allenatore ragiono così. Questa squadra ha giocatori di qualità: doti tecniche e morali, grande cultura del lavoro. La base è ottima. Io so che siamo immersi in un mercato difficile, faticano tutte le squadre, non solo la Sampdoria. Ebbene sul nostro organico, senza sognare rinforzi irraggiungibili, mi verrebbe da dire una cosa semplice: meno lo tocchiamo, meglio è”.
TIFOSI – “Innanzitutto vorrei che la gente tornasse allo stadio. Io ho giocato qui vent’anni fa: solo sei mesi, ma ricordo ancora molto bene l’importanza della gradinata Sud, uno straordinario valore aggiunto. Marassi era un fortino. Sarei felice se tornasse subito ad esserlo, perchè il nostro stadio ti spinge ad andare oltre. Sarò sempre riconoscente a tutte le società del mio passato, con cui ho lavorato, ma considero la Sampdoria un’altra dimensione, una fascia medio alta ed è per questo, pensando all’intero ambiente, al calore della gente che ho accettato di venire a Genova con molto entusiasmo. Si è prospettata la possibilità, non ci ho pensato un attimo”.
PESSIMISMO – “Lo rispetto, ma lo combatto. Conquisteremo la nostra gente, faremo ricredere molte persone. La Sampdoria non si tirerà mai indietro, se la giocherà con tutte. Prendiamo il calendario: fra poco si comincia, nelle prime tre partite abbiamo avversarie terribili, Milan in casa, Sassuolo fuori e Inter a Marassi. Rispetto? Tanto. Ma niente paura”.
FERRERO VUOLE LA COPPA ITALIA – “Non solo si è espresso a parole, ma nei fatti. Ha messo un premio per la vittoria. E’ un traguardo. Sarebbe meraviglioso”.
DAMSGAARD – “Mi farebbe piacere lavorare con lui, so però che potrei perderlo. Nei primi incontri con il presidente, quando doveva ancora iniziare l’Europeo, gli dissi che difficilmente avremmo potuto tenere Damsgaard, ma al tempo stesso che a Mikkel farebbe bene fare un altro anno in Italia. L’esempio più lampante è Kulusevski. Due anni fa fece tre partite nell’Atalanta, poi una stagione con continuità (a Parma, n.d.r.). Ceduto per 44 milioni. Potesse restare, sono convinto che il valore di Damsgaard finirebbe per aumentare”.
QUAGLIARELLA – “Sulle amichevoli e sul fatto che abbiamo sempre vinto dico che sono molto contento. Aiuta. Non contano? Io mi arrabbio quando perdo, anche se gioco a carte. Quanto a Quagliarella dico che mi ha sorpreso, nel senso che è ancora meglio di quanto mi aspettassi. Che fosse bravo, non ha nemmeno senso dirlo, basta contare, e ci metti un po’, i suoi gol. Io però credevo, vista l’età, di doverlo gestire sulla quantità del lavoro. Il problema è che sinora non ho avuto l’opportunità di farlo, perchè non ha saltato nemmeno un allenamento. Io avevo messo in conto: se non può fare un esercizio, lo salta, lo preserviamo, ma lui non si sottrae mai. E’ un esempio per tutti, un traino incredibile. Sugli allenamenti a livello d’intensità è uno dei migliori, pare un ragazzino, ora vedremo sulle 3 gare in una settimana. Detto questo, Fabio ha una maturità e un’intelligenza che non possono esserci problemi nella gestione e più in generale nel rapporto con lui”.
GABBIADINI – “Manolo è un giocatore molto forte e potrebbe essere un acquisto straordinario. L’ho capito sin dalle prime amichevoli, le sta giocando tutte, può fare la differenza. Deve sentire la fiducia dell’allenatore: io sono pronto a dargliela, convinto che saprà ripagarla”.
MODULI – “Quando un allenatore sceglie un sistema di gioco, lo fa sempre in base ai suoi giocatori. Noi eravamo partiti dal 4-3-3, poi trasformato in 4-3-2-1, apportando variazioni sia in fase difensiva sia offensiva. Credo che analizzando questa Samp, il punto di partenza debba essere quello di partire con le due punte. I due attaccanti sono il punto di partenza per andare a ragionare sul sistema di gioco. In fase difensiva ho sempre impostato la squadra a quattro dietro. Garantisce più equilibrio”.
AZIENDALISTA – “Nel calcio di oggi lo devi essere. Molti club sono in difficoltà economica, mancano gli stadi di proprietà, una tassazione agevolata. Stanno tornando grandi allenatori come Allegri, Sarri, Mourinho, saranno di grande stimolo e spero possano ridare un po’ di appeal al nostro campionato, ma non possiamo nascondere le difficoltà. Per cui se con la tua politica e la tua condotta riesci a portare benefici al club, ben venga”.
GIOVANI – “Il concetto non è giovane o vecchio, ma forte o meno forte. I presidenti non aspettano, vogliono i risultati, altrimenti siamo noi a pagare e quindi per prima cosa devi pensare al valore della squadra che metti in campo. Detto questo, i giovani devono trovare spazio. Perchè crescano ci vuole un giusto mix, sei o sette, tutti assieme, può essere pericoloso. E poi non ci vuole fretta. Thorsby al primo anno ha fatto fatica, oggi è una delle colonne della squadra”.
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